Da alcuni decenni si è diffusa, prima in Sicilia e poi in Italia, una spinosa questione legata al nome di un piatto tipico siciliano, in quanto possiede un nome di due generi diversi: stiamo parlando dell’arancinu o arancina, piccola palla di riso il cui ripieno può essere di vario genere. In quanto noi ci occupiamo di lingua siciliana, e in quanto l’arancin* è un piatto che nasce nella cultura di cui la lingua che noi studiamo è espressione, crediamo che sia il momento di chiudere la questione una volta per tutte, e ci auguriamo che i parlanti che leggono questo articolo apprendano anche alcune semplici nozioni di linguistica.
Si dice “arancinu” o “arancina”? Aspetti della natura delle lingue
Iniziamo col dire una cosa molto importante che fa da sfondo alla nostra domanda: le lingue non sono entità monolitiche. Ogni lingua cambia nel tempo e soprattutto, aspetto che qui ci interessa maggiormente, nello spazio, e anche se nella comunicazione mainstream spesso si sostiene il contrario, ciò succede ad esempio anche per l’italiano. Un oggetto può avere più nomi, a seconda dell’area geografica da cui si proviene. Un esempio è la coppia di parole formata da balocco e giocattolo: sono due termini che indicano la stessa entità, ma non significa che solo una delle due sia giusta, poiché fintantoché entrambe vengono usate, entrambe sono da considerarsi giuste. Ma c’è anche la gruccia che ha tantissimi nomi – ne parla qui il professor Luca Serianni.
Da questi esempi possiamo dedurre una regola molto semplice: l’uso determina la regola. Ciò semplicemente significa che se una comunità di persone ad esempio chiama l’entità A col nome X, la regola banalmente è che l’entità A in quella comunità si chiama X: è una convenzione, una sorta di patto a cui quelle persone hanno aderito. I letterati e gli esperti di grammatica da tempo per l’italiano (e altre lingue, certamente) hanno stabilito una norma a cui tutti coloro che nei secoli lo hanno imparato hanno cercato di fare riferimento. Ad esempio: se uno scrittore che proviene da Palermo deve scrivere un libro in italiano, molto probabilmente userà il verbo tirar fuori invece del verbo uscire in modo transitivo, perché la norma stabilita dai letterati, norma che ovviamente riprende il dialetto fiorentino, base dell’italiano, vuole che il verbo uscire abbia solo valenza intransitiva, per cui in italiano standard la frase “io esco la macchina” equivale a dire “io vado fuori la macchina”, che non avrebbe senso. Il fatto che letterati e grammatici abbiano stabilito una norma non significa però che la lingua dotata di una norma smetta di cambiare: le lingue cambiano sempre e comunque, desiderio degli uomini di manipolare una lingua e le spinte autonome della stessa si intrecciano in un complesso meccanismo. Ma non solo: se un’ampia fetta della popolazione dice una cosa in un certo modo, questa ad un certo punto non può che considerarsi la versione corretta, o comunque una delle versioni corrette (perché una comunità può essere fatta da comunità più piccole che tra loro possono discordare). Da questo concetto possiamo dedurre che, in casi come quello del piatto tipico siciliano di cui stiamo parlando, non è possibile imporre che solo una forma venga usata, perché come abbiamo detto sono complessi i meccanismi di interazione tra volontà dell’uomo e volontà della lingua. In casi simili, le domandi come “si dice A o B?” sono domande che si risolvono in sé stesse, perché la risposta che si può dare non può essere scientifica.
Pruggettu Mappatura e risultati trovati
Nell’ambito delle prove tecniche di raccolta dati del Pruggettu Mappatura abbiamo condotto un piccolo esperimento per capire la diffusione delle due versioni, e il risultato, sebbene incompleto, non fa che supportare la nostra asserzione: arancinu e arancina sono diffuse quasi equamente sul territorio siciliano. Cosa significa questo?
Legenda: rosso = femminile, azzurro = maschile, viola = zona di transizione, verde = desinenza in schwa
- Innanzitutto smentiamo il luogo comune per cui arancina si dica solo a Palermo, mostrando che praticamente tutta la provincia di Trapani, buona parte di quella di Palermo, quasi tutta quella di Ragusa e parte di quella di Siracusa usano il genere femminile (che si può trovare in altre aree a macchia di leopardo);
- Ricordando che l’uso determina la regola, prendiamo atto del fatto che sia arancinu che arancina sono due versioni corrette della stessa parola e, esattamente come per balocco e giocattolo in italiano, si usano semplicemente in aree geografiche diverse.
Il ruolo delle istituzioni
Ci è stato fatto notare che il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali mette in lista la pietanza nel PAT denominandola arancini di riso, sottintendendo un genere maschile e che quindi quella maschile è l’unica versione da considerarsi corretta. Come abbiamo già detto però, il piatto ha due generi da molto prima che il PAT venisse redatto, perciò non il suo essere scritto al maschile in un documento dello Stato non può stabilire la correttezza del genere maschile. La stessa cosa era successa durante il Fascismo con la parola cocktail, il cui utilizzo era vietato in favore della parola arlecchino: eppure oggi nessuno chiama così le bevande tipiche degli aperitivi, nonostante fosse stato deciso che arlecchino fosse giusto e cocktail sbagliato contestualmente al territorio italiano – ecco un caso in cui l’uomo non è riuscito a esercitare il proprio controllo sulla lingua.
Conclusioni
Arancinu e arancina sono due versioni valide della stessa parola, in quanto entrambe ampiamente usate dai parlanti. L’unica differenza risiede nelle aree geografiche in cui queste versioni vengono usate e nelle possibili forme che possono essere attribuite alla pietanza (sferica o di forma allungata).
Bibliografia e sitografia utile
Si dice arancino o arancina? sul sito dell’Accademia della Crusca (link qui) A. Traina, Nuovo vocabolario siciliano-italiano, Palermo, Giuseppe Pedone Lauriel, 1868 (link alla voce qui) G. Biundi, Dizionario siciliano-italiano, Palermo, Fratelli Pedone Lauriel, 1857 (link alla voce qui) Quattordicesima revisione dell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali sul sito del MiPAAF (link qui)
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