Da alcuni anni gira per la rete, possibilmente dopo la pubblicazione del libro “La lingua dei Siculi” di Enrico Caltagirone, una curiosa ipotesi pseudoscientifica (cioè che vorrebbe essere scientifica ma non ha le qualità per essere definita tale in quanto non condotta in maniera rigorosa e con l’ausilio di documenti) che vorrebbe il siciliano come discendente diretto della lingua sanscrita. Riteniamo tuttavia che sia importante fare del debunking in quanto gli internauti in genere non hanno gli strumenti adatti per capire se ciò che leggono possa essere considerato, e sia effettivamente scientifico, quindi affidabile, o pseudoscientifico, frutto quindi della fantasia dell’uomo. Cerchiamo quindi di fare chiarezza procedendo con ordine.
La famiglia linguistica indoeuropea
La famiglia linguistica indoeuropea rappresenta un insieme di sottofamiglie di lingue che si parlano oggi in tutto il mondo. Ciò significa che molte lingue oggi diffuse nel mondo fanno riferimento ad un antenato comune, l’indoeuropeo, una lingua ricostruita dalla linguistica comparativa, quella branca della linguistica che si occupa di fare confronti tra lingue affini. I linguisti sono così riusciti a ricostruire il protoindoeuropeo, che sarebbe stato parlato circa 7000 anni fa a nord del Mar Nero. Come sappiamo, tutte le lingue si evolvono nel tempo e nello spazio. Pensiamo ad un albero: da un tronco si separano poi diversi rami e rametti e foglie. Allo stesso modo, questa protolingua ad un certo punto ha cominciato a dividersi in vari rami, i quali hanno mantenuto alcune caratteristiche del protoindoeuropeo, ma hanno sviluppato poi diverse peculiarità: alcuni dei rami che si sono evoluti dall’indoeuropeo sono quello anatolico, quello celtico, quello germanico, quello italico, quello indo-iranico. A noi interessano questi ultimi due rami.
Le lingue italiche
Le lingue italiche sono quelle lingue che venivano parlate in buona parte dell’Italia prima della dominazione romana, e si dividevano in due gruppi: le lingue osco-umbre e le lingue latino falische. Le lingue osco-umbre si sono estinte tutte dopo che Roma ha cominciato ad espandersi in Italia ed erano parlate in Italia centro-meridionale. Le lingue latino-falische (che erano quattro) si parlavano in parti diverse dell’Italia: una di queste lingue era il latino, che con la dominazione romana è stato diffuso a tutta l’Italia ed anche, più o meno, in Sicilia – ma di questo parliamo più avanti.
Le lingue indo-iraniche
Le lingue indo-iraniche sono quelle lingue che, ancora oggi, vengono parlate tra India, Pakistan, Bangladesh, Turchia, Iran ed altri paesi mediorientali, e possono essere raggruppate in tre gruppi principali: uno di questi è il gruppo delle lingue indo-arie. Alle lingue indo-arie, che ricapitolando appartengono alle lingue indo-iraniche, appartiene, tra le altre, la lingua sanscrita.
Cos’è la lingua sanscrita
La lingua sanscrita è una lingua i cui testi più antichi che abbiamo sono i Ṛgveda Saṃhitā, i testi sacri della religione vedica, che oggi chiamiamo Induismo. Questa lingua è stata codificata all’incirca tra il 400 a.C. e il 300 a.C. La versione codificata del sanscrito (il sanscrito classico) è stata usata perlopiù per testi letterari, mentre i dialetti hanno continuato ad evolversi.
Chi erano i Siculi
Non abbiamo notizie certe dei Siculi, anche perché ci sono alcune discrepanze tra le testimonianze degli storici greci e i ritrovamenti archeologici. Le testimonianze degli storici greci li danno come provenienti dalla penisola italica (Tucidide e Diodoro Siculo), come specificatamente provenienti dal Lazio (Diodoro di Alicarnasso), o da qualche area dell’attuale Liguria (Filisto di Siracusa). I dati archeologici sembrano un po’ confermare e un po’ smentire tutte queste ipotesi, quindi verosimilmente non avremo mai una risposta certa sull’origine dei Siculi – e questa cosa va tenuta bene a mente: senza dati certi non andrebbero formulate ipotesi, soprattutto se assurde e non fondate, perché rischiano di portare ulteriore confusione in una questione già di difficile risoluzione.
Cosa ci dice il dato linguistico
Ai Siculi vengono generalmente attribuite una serie di iscrizioni scritte usando un alfabeto di tipo greco. Ancora oggi ci sono delle discordanze tra i linguisti, tuttavia si potrebbe dire quasi con certezza che il siculo sia una lingua che appartiene alle lingue latino-falische (ossia sarebbe molto imparentato col latino, col falisco e col venetico), le quali sono una famiglia di lingue italiche, quelle lingue che, come abbiamo detto sopra, si parlavano un po’ dovunque in Italia prima che il latino le soppiantasse tutte. Le lingue italiche, come abbiamo detto, sono un insieme di lingue che appartengono alla grande famiglia delle lingue indoeuropee.
Il siciliano da dove viene?
Quando i Romani conquistarono la Sicilia, la lingua maggiormente parlata era il Greco che era stato portato dai coloni greci. Si parlavano anche altre lingue, come il punico a nord dell’isola; il siculo, il sicano e l’elimo in alcune aree dell’entroterra. Il latino per molto tempo non venne parlato in Sicilia in maniera estesa: lo sappiamo perché per molti secoli, dopo la conquista romana, i documenti scritti sono rimasti quasi tutti in greco. La storia della Sicilia poi per molto tempo è stata più legata all’oriente che non all’Europa, visto che rimase sotto il dominio dell’Impero Romano d’Oriente. Per molti secoli, quindi, il latino è stato una lingua di minoranza, che però doveva avere influito in una certa misura sul greco parlato sull’isola. Quando i Normanni conquistarono la Sicilia, la Sicilia subì un processo di neoromanizzazione: è adesso che il siciliano comincia ad espandersi ed essere parlato in misura sempre maggiore, insieme al greco e per qualche tempo all’arabo e all’ebraico.
E quindi, considerato che il siciliano e il sanscrito sono due lingue indoeuropee, che però appartengono a due famiglie diverse (il siciliano alle lingue neolatine, sviluppatesi dal latino, sviluppatosi dal protolatino, sviluppatosi dal protoitalico, mentre il sanscrito alle lingue indoarie, che appartengono alle lingue indoiraniche), considerato che il siciliano si parla da circa ottocento anni mentre il sanscrito vede i suoi testi più antichi composti tra il 1500 a.C. e il 1200 a.C., considerando tutte le caratteristiche intrinseche di queste due lingue (fonologia, morfologia, sintassi, grammatica, sistema flessionale, etc), ora ci chiediamo…
Cosa ha a che fare il siciliano col sanscrito?
La risposta è molto semplice, ed è la seguente: niente. La logica che c’è dietro a questa domanda è molto semplice: dire che il siciliano viene dal sanscrito significherebbe che il sanscrito sarebbe stato portato in Sicilia dall’India e che qua avrebbe continuato a svilupparsi, ma tale ipotesi non ha alcun fondamento, in quanto non esistono documenti di alcun tipo che supportino, anche lontanamente, questa teoria, ma chiariamo: non è che sia impossibile, semplicemente non è successo, e possiamo dirlo con certezza perché non abbiamo nessuno stralcio di prova. Adesso vi poniamo un semplicissimo test: una frase in siciliano paragonata con la stessa frase in sanscrito ed in latino.
Sanscrito: सौभाग्यम् (saubhāgyam)
Siciliano: Bona furtuna
Latino: Bonam fortunam
O un’altra ancora più lampante.
Sanscrito: कृपया क्षम्यताम् (kṛpayā kṣamyatām)
Siciliano: Scùsami
Latino: Excusa me
Sono state scelte delle espressioni fisse, che in genere cambiano poco quando una lingua si evolve. Se il siciliano discendesse dal sanscrito, chi legge non avrebbe problemi a capire la versione sanscrita. Ugualmente, se il latino venisse dal sanscrito (come purtroppo affermano diversi pseudoscienziati), la frase in latino e quella in sanscrito avrebbero comunque delle somiglianze.
Come giustificare le possibili somiglianze tra siciliano e sanscrito
Le caratteristiche che al giorno d’oggi condividono il siciliano ed il sanscrito sono veramente pochissime caratteristiche fonetiche dovute alla loro origine indoeuropea: il sanscrito ed il siciliano vengono entrambi, come abbiamo già detto, dal protoindoeuropeo, ed il sanscrito in particolare conserva numerose caratteristiche di questa lingua: è normale che ogni tanto potrebbe emergere qualche lievissima somiglianza con qualche parola latina, germanica o persino slava. Un esempio è la parola अग्निः (agniḥ), che significa fuoco, che ha la stessa origine della parola latina ignis: il fatto che si somiglino non significa che il latino ignis venga dal sanscrito agniḥ, ma significa che ignis e agniḥ vengono dalla parola indoeuropea *h₁n̥gʷnis.
Quindi quali origini ha questa ipotesi secondo la quale il siciliano verrebbe dal sanscrito?
È presto detto: questa ipotesi nasce dagli pseudostudi (li chiamiamo così perché non sono veri studi e non sono attendibili, in quanto non si basano su materiali certi) di un paio di pseudolinguisti (li chiamiamo così perché si tratta di semplici persone cui piace, se vogliamo, farsi delle fantasie sulle lingue nel tempo libero) legati all’ambiente politico indipendentista-separatista: chi ha formulato queste teorie, infatti, l’ha fatto quasi sicuramente per cercare di convincere gli abitanti della Sicilia di una qualche particolare alterità, e quindi di essere diversi dagli abitanti del resto dell’Italia, e perciò per spingerli a votare qualche partito indipendentista e a staccarsi dall’Italia in nome di questa fantomatica alterità. Questo è uno dei tristi casi in cui la scienza (in questo caso la linguistica) viene manipolata da gente fuori dal settore per raggiungere i propri scopi personali, riuscendo purtroppo a farsi credere da numerose persone, anche loro inesperte nel settore.
Conclusioni
Il siciliano è una lingua neolatina, evolutasi cioè dal latino parlato dalla popolazione, il quale è stato portato in Sicilia con la dominazione romana. In Sicilia si parlavano già altre lingue, tra cui il siculo, una lingua latino-falisca, sorella della lingua latina. Il sanscrito è una lingua indo-aria che si parla tuttora in India ma che nella sua versione letteraria è stata codificata molti secoli prima che il siciliano si sviluppasse dal latino. Non esistendo nessuna fonte che dimostri la benché minima parentela del siciliano col sanscrito (a parte la loro comune origine indoeuropea), questa ipotesi non può che considerarsi pseudoscienza, ossia scienza legata al fantastico e al romanzesco – e quindi non scienza.
Bibliografia
Tucidide, Storie
Dionigi di Alicarnasso, Antichità romane
Paolo Enrico Arias, Problemi sui Siculi e sugli Etruschi, Catania, Crisafulli Editore, 5 aprile 1943
Giacomo Devoto, Gli antichi Italici, 2ª ed., Firenze, Vallecchi, 1951
Francesco Villar, Gli Indoeuropei e le origini dell’Europa, Bologna, Il Mulino, 1997
John Beames, A comparative grammar of the modern Aryan languages of India: to wit, Hindi, Panjabi, Sindhi, Gujarati, Marathi, Oriya, and Bangali, Londra, Trübner, 1872–1879
Danesh Jain, George Cardona, The Indo-Aryan Languages, Taylor & Francis, 2007
Enrico Campanile, Comrie Bernard, Watkins Calvert, Introduzione alla lingua e alla cultura degli Indoeuropei, Il Mulino, 2005
Vittore Pisani, Le lingue indoeuropee, 3ª ed., Paideia, 1979
Vashishtha Narayan Jha, A Linguistic Analysis of the Rgveda-Padapatha, Delhi, Sri Satguru Publications, 1992
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