Proseguiamo la nostra opera di debunking volta al fare corretta informazione sui legami che non esistono tra la lingua siciliana e la lingua sanscrita.
Nel libro “La lingua dei Siculi”, scritto da Enrico Caltagirone e pubblicato nel 2003, vengono riportate numerose parole siciliane che proverebbero dal sanscrito, lingua che, secondo l’infondata teoria dell’autore, sarebbe stata parlata dai Siculi, provenuti, a suo dire, dall’India, dove si parlava il sanscrito. Per fare chiarezza: il sanscrito è una lingua indo-europea che svolgeva in India, secoli fa, un po’ la stessa funzione che svolgeva il latino in Europa: era una lingua di cultura, ed anche la lingua dei “Veda”, testi sacri della religione indù (ne abbiamo già parlato in questo articolo). Ovviamente il sanscrito non è mai arrivato in Europa, se non qualche rara parola, ed ovviamente il siculo non era una lingua che discendesse dal sanscrito ma era una lingua “sorella” del latino, sviluppatasi insieme con essa. Sul blog di un tale Antonio Cattino, amico del Caltagirone, compare una lista di parole che a dire dello stesso Caltagirone verrebbero dal siculo, e quindi dal sanscrito. Chiariamoci: tutto ciò non ha alcun fondamento scientifico. Per sostenere le nostre affermazioni ci aiuteremo anche con un ottimo dizionario di sanscrito online, in cui potremo verificare la presenza di queste parole: iniziamo.
uccirìa, dalla radice uc, parlare
Falso. Innanzitutto la parola “corretta” è vuccirìa, solo che alcuni dialetti spesso fanno scomparire il suono [v]. La parola vuccirìa inizialmente designava il mercato della Vuccirìa che si trova a Palermo. La parola vuccirìa proviene fondamentalmente dal francese boucherie, che è un composto di boucher, macellaio, ed il suffisso -erie. Boucher viene dal francese medio bouchier, composto di bouche, capra, ed il suffiso -ier. La parola bouche del medio francese viene da un più antico bouc, a sua volta dal francese antico buc. Buc viene dal latino buccus, con tutta probabilità una confluenza con l’antico franco *bukk (l’antico franco era una lingua germanica occidentale), e quest’ultimo dal proto-germanico *bukkaz, insieme all’antico olandese buck, “capra di sesso maschile”. Anche in altre lingue, moderne ed antiche, troviamo parole molto simili, come il gallico *bukkos, il bretone medio *bouch, l’antico còrnico *boch, l’antico irlandese *bok, questi ultimi dal protoceltico *bukkos. Il proto-germanico ed il proto-celtico lo derivano dalla radice proto-indoeuropea *bʰuǵ-. Da questa radice indo-europea è disceso quindi il proto-germanico (che abbiamo già visto, e dal quale, attraverso l’inglese antico buc, e poi attraverso l’inglese medio buc, abbiamo l’inglese attuale buck, imparentato con il frisone occidentale bok), l’albanese buzë, l’antico armeno բուծ, buc, il persiano بز, boz, ed il sanscrito बुख, bukha.
Quindi, come abbiamo visto, il percorso della parola vuccirìa si svolge tutto verso occidente, sebbene anche il sanscrito abbia derivato dal proto-indoeuropeo la parola per capra. E soprattutto, non c’è traccia di questa fantomatica radice uc.
taliari, dalla radice tal, guardare
Falso. Il verbo taliari è un arabismo mediato probabilmente dal catalano talaiar, atalaiar, derivato di atalaia, “torre di vedetta”. Il catalano l’ha preso dall’arabo طَلِيعَة, ṭalīʿa, “torre di vedetta, avanguardia”. Anche in altre lingue romanze di area iberica troviamo parole simili, come il galiziano atalaia, ma anche il castigliano atalaya, tutti arabismi dalla radice ط ل ع, ṭ-l-ʿ. Ora: essendo l’arabo una lingua afro-asiatica e non indoeuropea, vediamo come non c’è alcuna possibilità che il sanscrito abbia a che fare con questo verbo – anche se ovviamente non è impossibile che delle radici si spostino da una famiglia linguistica all’altra, anzi, è quello che è successo in questo caso, con una radice passata da un gruppo linguistico ad un altro.
lupara, da lup, morire
Falso. L’unica cosa difficile da determinare è se questa parola sia passata dal siciliano all’italiano (che sembra più probabile, visto che generalmente il suffisso -arium in toscano passa ad -aio mentre -aru è più tipicamente siciliano, vedi ad es. notaio vs nutaru) o viceversa o se si sia sviluppata parallelamente in entrambe le lingue. Certo è che lupara è un composto di lupo/lupu (entrambi dal latino lupum, accusativo di lupus) + il suffisso -ara, femminile del suffisso -aru, dal suffisso latino -arium, e si tratta di un fucile tradizionalmente usato per la caccia ai lupi.
mattanza, da maha, grande, e tan, uccidere, grande uccisione
Falso. L’italiano ed il siciliano mattanza sono ispanismi, dal castigliano matanza, derivato dal verbo matar, uccidere. Matar viene con tutta probabilità dal latino mactare (o dal latino volgare *mattare), dal latino tardo mattus. Anche qua ovviamente nessuna traccia di sanscrito.
prescia, da presha, premura
Falso. Il siciliano prescia e l’italiano premura hanno la stessa origine, ossia il latino premere. La radice indoeuropea è *pres-, che il latino ha poi modificato in alcune forme, come il presente indicativo o l’infinito sulla base di tremo. Tuttavia la radice in sibilante è stata mantenuta, ad es. al supino e al participio perfetto. L’italiano ha derivato premura dal tema dell’infinito aggiungendo il suffisso -ura femminile di -urus (forse creazione analogica sulla base dei participi futuri), il siciliano l’ha derivato dal participio passato latino al femminile pressa, applicando in seguito il passaggio dalla fricativa alveolare sorda lunga alla fricativa postalveolare sorda lunga (evoluzione che ritroviamo ad es. anche in cascia, dal latino tardo cassa, dal latino capsa, mentre in italiano abbiamo cassa). Anche qua nessuna traccia di sanscrito.
ammuccari, da muck, bocca
Falso. Il siciliano ammuccari proviene dall’aggiunta del suffisso a- alla parola mmuccari, imboccare. Mmuccari è un verbo derivato dal sintagma nominale ‘n vucca/bucca, in bocca, con l’aggiunta del suffisso -ari che si usa per derivare verbi. In tale sintagma l’incontro tra la nasale alveolare e l’occlusiva bilabiale sonora produce in molti dialetti l’assimilazione progressiva di -MB- in -MM- (tant’è che alcuni dialetti ancora mantengono mbuccari). La parola vucca (bucca per i dialetti che non leniscono l’occlusiva in fricativa labiodentale sonora) viene dal latino bucca, che a sua volta l’ha presa dal celtico (in gallico ad es. abbiamo bocca), ed il celtico l’ha ereditato dalla radice indoeuropea *bʰeHw-, essa stessa imitativa-onomatopeica.
putra, da putra, figlia (anche di animali)
Falso. L’etimo di questa parola non è facilissimo da rintracciare ma attraverso alcune ricerche lessicografiche possiamo ipotizzare che sia una contrazione del latino pulletrus, derivato da pullus.
camiare, da kam, piacere
Falso. Innanzitutto camiare non è siciliano perché in siciliano non esistono infiniti in -are. Il siciliano ha camiari, riscaldare, probabilmente ispanismo, dal castigliano quemar, dal latino cremare. Il latino cremare parte dalla radice indoeuropea *ker-, col senso di bruciare. Anche qua kam non sappiamo da dove sia saltato fuori.
nica, da nica, piccolo
Falso. Sebbene l’etimologia dell’aggetivo nicu sia ancora poco chiara, potrebbe essere un grecismo, da μικκος, mikkos, variazione dei dialetti ionico e dorico di μικρός, mikros, dalla radice indoeuropea *smēyg-, radice di cui abbiamo tracce anche in antico inglese.
priarisi, da pri, gratificarsi
Falso. Prijàrisi (ortografia corretta secondo la Proposta di normalizzazione ortografica comune della lingua siciliana) è etimologicamente legato a prijari, pregare. Prijari viene dal latino precare, da precari, e ha subito qualche cambiamento a livello di semantica. Il latino precari riprende la radice indoeuropea *preḱ-. Anche qua nessuna traccia di sanscrito.
alluzzari, da look, vedere
Falso. Questa è molto fantasiosa. Alluzzari è in realtà un francesimo, da loucher. Loucher è composto da louche + il suffisso per derivare verbi -er. Louche a sua volta è un’evoluzione dell’antico francese lousche, dal latino lusca, femminile di luscus, “da un occhio solo”. La radice indoeuropea omosemantica è *lewk-. Quindi alluzzari può considerarsi sinonimo di annurbari.
vara, da vara, spazio protetto
Falso. La parola vara, con la quale in siciliano indichiamo la teca su cui si trasportano i santi durante le processioni religiose, è etimologicamente legata all’italiano bara. Entrambe vengono dal longobardo bara, dal protogermanico *beraną col significato di portare, trasportare.
sbaddu, da svadha, piacere
Falso. Sbaḍḍu è una parola di provenienza toscana, da sballare per disballare, disfare una balla, un imballaggio. Ovviamente il significato che oggi vi attribuiamo, anche all’italiano sballo, è figurato. È anche possibile una connessione con ballare. Insomma, anche questa è una… balla! (anche perché svadha in sanscrito significa convenienza.)
ambu, da ambu, acqua
Falso. È vero che la parola ambu in sanscrito significa acqua. Peccato che in siciliano questa parola non esista.
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