Dante Alighieri è stato sicuramente uno degli autori più prolifici della prima letteratura toscana, base di quella italiana. Tra le sue opere non troviamo soltanto poesia e scritture “d’intrattenimento”, ma anche opere più impegnate, nello specifico trattati, redatti rigorosamente in latino, lingua di cultura del tempo. Scrivere in latino era necessario se si voleva essere presi sul serio dai dotti, in quanto il volgare, ossia la lingua del popolo, filiazione diretta del latino volgare, veniva vista come inadatta e troppo povera per parlare di argomenti di un certo calibro, come teologia o filosofia. In questo articolo ci concentriamo su ciò che dice Dante a proposito del siciliano nel suo De vulgari eloquentia (o Dell’eloquenza volgare), in quanto spesso in rete si trovano solo informazioni parziali (e spesso ideologicamente manipolate).
Il De vulgari eloquentia
Il De vulgari eloquentia è un trattato scritto da Dante, in latino, possibilmente tra il 1302 e il 1305. Il progetto iniziale lo concepiva come un’opera in quattro libri, sebbene sia rimasto incompiuto, all’altezza del secondo libro. Nel trattato, Dante affronta la questione della nuova lingua unitaria del Belpaese – erano passati circa mille anni dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente, un tempo più che sufficiente per consentire al latino di suddividersi in nuove lingue. Ebbene, ai tempi dell’autore fiorentino si erano già chiaramente delineati i nuovi gruppi linguistici sorti dal latino volgare, tant’è che Dante riesce a suddividere e identificare quattordici varietà principali di lingua volgare. Dopo averli identificati, li passa in rassegna. Dante era alla ricerca di quel volgare che potesse dare lustro al parlante, che potesse diventare il primo tra i dialetti, e che potesse essere usato nelle curie e nei tribunali.
Cosa dice Dante sul siciliano nel De vulgari eloquentia
Ovviamente, il siciliano non scampa all’analisi di Dante. Spesso in rete si legge che Dante riteneva il siciliano l’unica lingua meritevole di diventare lingua comune di tutti i parlanti del Belpaese. Ma è davvero così? Leggiamo insieme alcuni passaggi in traduzione tratti dal De vulgari.
E per prima cosa facciamo un esame mentale a proposito del siciliano, poiché vediamo che il volgare siciliano si attribuisce fama superiore a tutti gli altri per queste ragioni: che tutto quanto gli Italiani producono in fatto di poesia si chiama siciliano; e che troviamo che molti maestri nativi dell’isola hanno cantato con solennità, per esempio nelle famose canzoni e
Cosa dice realmente Dante a proposito del siciliano? di Cademia Siciliana è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale. Based on a work at https://cademiasiciliana.org/non-categorizzato/cosa-dice-dante-sul-siciliano/?lang=it. Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso cademiasiciliana.org.