Perché il siciliano non ha il passato remoto

Spesso, quando si parla dell’uso dei tempi in italiano, si sente dire la seguente asserzione: “Quando si parla al passato, al nord si usa di più il passato prossimo, al sud si usa di più il passato remoto”. Questa appena citata asserzione si lega al tema dell’uso dei tempi al passato soprattutto nell’area delle parlate del gruppo siciliano. Parlando di siciliano, spesso si sente dire che in siciliano non esiste il passato prossimo, ma solo il passato remoto, e per questo quando i siciliani parlano in italiano usano più spesso il passato remoto di quanto non si faccia in altre aree d’Italia. Ma c’è un però: in siciliano non esiste il passato remoto. In questo breve articolo illustreremo la strutturazione temporale del siciliano, partendo da un breve excursus riguardante la filologia romanza.

Come ben sappiamo, quando si parla di lingue romanze è logico che buona parte del materiale che le costituisce sia preso dal latino, ed il siciliano non fa eccezione. Nel panorama delle lingue romanze possiamo dire che il siciliano, per quanto riguarda la struttura dei tempi verbali, per alcuni aspetti si avvicina di più al latino rispetto ad altre lingue (sebbene, va detto, nel passaggio dal latino alle lingue romanze buona parte del sistema della coniugazione è stato smantellato e semplificato). Ma non perdiamo di vista il nostro argomento principale e cerchiamo di capire cosa è il passato remoto.

Il passato remoto è un tempo del modo indicativo in italiano, e si usa per “indicare un fatto avvenuto nel passato, concluso e senza legami di nessun tipo con il presente”; l’attributo remoto ci indica non solo che il fatto descritto è lontano temporalmente, ma secondo Treccani anche psicologicamente, in quanto non sortirebbe alcun effetto emotivo su chi parla (1). Questo si contrappone al passato prossimo, un passato che “esprime un’azione avvenuta in un passato, recente o lontano, che tende ad avere effetti percepiti ancora nel presente da parte di chi parla o scrive”, e questo suo essere prossimo viene corredato da Treccani di un’essenza anche psicologica, portatrice di un “coinvolgimento emotivo”.

Prestiamo bene attenzione: questa differenziazione in siciliano non esiste, anche perché non esiste un tempo sintatticamente assimilabile a quello che è il passato prossimo in italiano. La differenza tra passato prossimo e remoto cioè, esiste solo in italiano. Perché?

Il passato prossimo non è un tempo che discende direttamente dal latino, la sua comparsa è iniziata in età medievale, finché col tempo si è consolidato ed è diventato un tempo autonomo che è andato a contrapporsi al passato remoto, che discende direttamente dal tempo perfetto latino.

Il siciliano possiede come tempo passato principale il tempo perfetto, derivante direttamente dal perfetto latino, ed è quello che comunemente viene chiamato passato remoto, ma questa denominazione è da considerarsi errata, in quanto il perfetto si usa per parlare di qualsiasi avvenimento avvenuto nel passato e conclusosi (perfectum infatti è il supino di perficere, ossia compiere, e quindi compiuto). Solo in tempi recenti il siciliano ha importato dall’italiano un passato composto, strutturato col verbo aviri come ausiliare ed il participio passato. Quest’ultimo però ha usi differenti a seconda delle zone, in generale possiamo asserire che ad oriente abbia un aspetto perfettivo, ed indica quindi un’azione compiuta, mentre ad occidente si trova a metà tra l’aspetto perfettivo e quello imperfettivo, in quanto può indicare un’azione più o meno conclusa ma l’attenzione è spostata non tanto sulla conclusione dell’azione ma sul suo svolgimento (in inglese verrebbe agilmente reso con il present perfect continuous).

Aiutandoci con l’inglese, che sfrutta una classificazione temporale più precisa di quella del siciliano o dell’italiano, vediamo un paio di esempi:
manciavi li purpetti viene agilmente reso in inglese con il past simple: I ate meatballs, mentre in italiano si predilige al giorno d’oggi il passato prossimo, ho mangiato le polpette;
àiu manciatu li purpetti può essere reso in inglese, se in riferimento alla Sicilia orientale, attraverso il past simple, I ate meatballs; se in riferimento alla Sicilia occidentale attraverso il present perfect continuous o il present perfect: I have eaten/have been eating meatballs.

In conclusione possiamo dire che la corretta denominazione in siciliano del tempo passato è perfetto o passato semplice (pirfettu o passatu sìmprici) e non passato remoto, in quanto non possiamo applicare al siciliano il sistema di classificazione temporale di un’altra lingua, e per quanto riguarda il passato composto possiamo usare, appunto, la denominazione di passato composto (passatu cumpostu).

Sitografia

Passato remoto, indicativo sul sito di Treccani (link qui)
Passato prossimo, indicativo sul sito di Treccani (link qui)

Licenza Creative Commons
Perché il siciliano non ha il passato remoto di Cadèmia Siciliana è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione – Non commerciale – Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Based on a work at http://cademiasiciliana.org/blog/perche-il-siciliano-non-ha-il-passato-remoto/?lang=it.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso http://cademiasiciliana.org.