Riconoscimento della lingua

Il 16 maggio 2025 è stato presentato all’ARS un disegno di legge per presentare al Parlamento della Repubblica Italiana la proposta di modificare la legge 482/1999.

Di seguito trovi tutte le informazioni che potrebbero essere utili: chi siamo, perché lo facciamo, e le risposte a tutte le domande che ci vengono rivolte più spesso.

Chi siete? Siete un movimento politico o folklorico?

No. Il nostro è un movimento popolare, contemporaneo e radicato nei territori, nato dal basso e composto da giovani, studenti, lavoratori e parlanti nativi che usano il siciliano ogni giorno – anche in rete, anche con le istituzioni. Non siamo nostalgici né folkloristi: non viviamo nel passato, ma nel presente.

E non siamo un partito.

Un obiettivo concreto e immediato: inserire il siciliano tra le lingue riconosciute dalla Legge 482/1999, come già avvenuto per il sardo e il friulano. È un primo passo per ottenere tutele, fondi, strumenti didattici e visibilità istituzionale. Collaboriamo con deputati regionali e nazionali per questo, fornendo supporto tecnico e aggiornato su una materia spesso poco conosciuta.

Rifiutiamo qualsiasi modello rigido o prescrittivista.

Non proponiamo un “siciliano standard” imposto dall’alto. Al contrario: i nostri strumenti editoriali servono solo a visualizzare il siciliano in contesti formali (scuola, media, pubblica amministrazione), rispettando le varietà locali.

La nostra ortografia è elastica e polinomica, non legata a una singola variante.

Non vogliamo cancellare la diversità: vogliamo valorizzarla.

Abbiamo letto le critiche, e in parte le condividiamo: alcuni passaggi dell’introduzione al DDL sono effettivamente politicizzati o poco precisi. Li stiamo già discutendo con i deputati proponenti per migliorarli. Tuttavia, il nocciolo della legge è chiaro e tecnico: riconoscere e proteggere la lingua siciliana a livello istituzionale.

Perché è uno strumento consolidato a livello europeo da oltre 50 anni. Non è un’invenzione nostra, né un’imposizione. È una prassi adottata in Galles, in Friuli, in Sardegna, in Corsica. Ci dispiace che una parte del mondo accademico continui a opporsi a qualunque forma di LP, negando un intero campo di studio e di azione pubblica.

Sì, e li vogliamo rafforzare. Molti dei nostri sostenitori sono studenti o colleghi dei linguisti dell’Università di Palermo e di altri centri. Abbiamo grande stima per il loro lavoro. Rinnoviamo l’invito al prof. Ruffino e ai membri del CSFLS a collaborare. Senza il loro contributo, sarà molto più difficile costruire materiali didattici accurati, percorsi scolastici efficaci e una vera infrastruttura linguistica.

Un modello bilingue e inclusivo, simile a quelli già adottati in altre regioni d’Europa e d’Italia. Vogliamo che i bambini crescano con entrambe le lingue, senza ideologie né imposizioni. Il siciliano non dev’essere un oggetto da museo, ma una lingua viva, insegnata e vissuta.

No. Proporre modelli bilingui non significa sostituire l’italiano, ma affiancare il siciliano in modo mirato e proporzionale, come già avviene da decenni in molte regioni d’Europa. In Galles, in Friuli, in Sardegna, in Alsazia e nei Paesi Baschi si insegna la lingua locale senza danneggiare le competenze in italiano, inglese, francese o spagnolo. Anzi, la ricerca scientifica dimostra che i modelli bilingui rafforzano l’alfabetizzazione, perché sviluppano consapevolezza metalinguistica e migliorano la comprensione delle strutture linguistiche in generale.

Esattamente: ed è proprio per questo che non proponiamo un “siciliano unico”, ma un modello ortografico polinomico. Questo tipo di scrittura permette di rappresentare tutte le varietà locali, in modo coerente ma non rigido. La prima versione della nostra ortografia è del 2017, e in questi anni si è dimostrata efficace nel rappresentare tutte le varietà locali del siciliano.

Quello che vogliamo evitare è proprio ciò che temono i critici: un modello centralista, imposto dall’alto, che appiattisca la ricchezza dei parlati. La nostra proposta va nella direzione opposta: riconoscere valore pubblico alla lingua, così com’è vissuta nei territori, senza negarne la complessità.

No, non basta. Il siciliano è già usato in famiglia, nella musica, nel teatro e nel cinema — e queste forme vanno sostenute. Ma nessuna lingua può sopravvivere a lungo se viene esclusa dalla scuola, dai media, dalle istituzioni. Senza strumenti pubblici, anche le parlate più vive si estinguono nel giro di due generazioni: è ciò che sta accadendo anche al siciliano.

Non si tratta di togliere spazio all’italiano o alle lingue straniere, ma di riconoscere la dignità del siciliano anche come lingua d’insegnamento e comunicazione formale. Non esiste un solo modo per salvare una lingua, ma escludere scuola e istituzioni è sicuramente il modo più veloce per perderla.

Come ogni altra infrastruttura pubblica, anche la lingua ha bisogno di mezzi adeguati. Stiamo lavorando per offrire:

  • correttori ortografici e strumenti digitali;
  • intelligenza artificiale addestrata sul siciliano;
  • manuali e materiali per la scuola;
  • media e contenuti audiovisivi;
  • spazi pubblici dove il siciliano possa esistere con dignità.

Sì, e continuiamo a farlo. Il nostro progetto nasce da anni di studio, confronto e lavoro linguistico. Le proposte che portiamo avanti si basano su documenti, grammatiche, lessici, modelli ortografici e studi scientifici pubblicati da esperti riconosciuti nel campo della linguistica siciliana, tra cui professori universitari, glottologi, dialettologi, scrittori, traduttori e insegnanti. Alcuni di loro fanno parte attivamente del nostro percorso, altri ci ispirano con i loro lavori.

Riconosciamo l’importanza del lavoro accademico, e proprio per questo vogliamo aprire un dialogo costruttivo, non uno scontro. Ma il confronto non può partire dal pregiudizio secondo cui il siciliano sarebbe solo “un dialetto affettivo” da lasciare alle canzoni e non una lingua degna di pianificazione. Il vero dialogo scientifico parte dal rispetto reciproco e dal riconoscimento del valore culturale, identitario e pedagogico del siciliano.

Ci è stato inoltre espressamente consigliato di chiarire che decine di accademici siciliani ci hanno chiesto di non rendere pubblica la loro adesione per timore di ritorsioni professionali, a causa di un clima di vero e proprio terrorismo accademico. Questo dato, inquietante e tristemente significativo, rivela quanto sia urgente un dibattito aperto, sereno e pluralista, privo di intimidazioni ideologiche.

Assolutamente no. Siamo convinti che questo processo sia inevitabile. I siciliani vogliono che la loro lingua abbia dignità pubblica, e sempre più persone stanno facendo sentire la loro voce. Il dibattito è aperto, in molte comunità e istituzioni. Noi vogliamo costruire questo percorso insieme, non contro nessuno

Chiediamo rispetto, ascolto e collaborazione. Non ci interessa lo scontro ideologico, ma un dialogo serio e trasparente. Siamo pronti a discutere, migliorare e integrare le nostre proposte con chiunque voglia contribuire a salvare e rafforzare il siciliano.

Non è una questione di se, ma solo di quando.

E noi ci saremo.